venerdì 9 novembre 2012

ARRENDERSI A DIO


La Sapienza che viene dall’alto invece è anzitutto pura; poi pacifica, mite, arrendevole, piena di misericordia e di buoni frutti, senza parzialità, senza ipocrisia.” Giac3,17



Una notte, quasi verso la mattina, si  immerse nella preghiera, in quella preghiera del cuore che innalza naturalmente una lode spontanea a Dio. Non pregava ripetendo le preghiere che comunemente recitiamo ma forse, a motivo della quiete notturna e del silenzio, gli veniva più facile parlare spontaneamente con Dio dal suo cuore. Quando, all’improvviso, vide davanti a sé una terra, … uno scenario desolato,  inospitale, disabitato, desertico. A volo radente la percorse tutta, fino   all’orizzonte. Una terra riarsa, inaridita, asciutta, segnata da grosse crepe, frutto di una forte siccità.  Quando giunse alla fine del percorso, sentì, fuori e dentro sé, un profondo silenzio. Tutto era silenzio. E nel silenzio egli si ammutolì, sentendo intorno a sé una presenza,  forte e quasi schiacciante, una sensazione difficile da descrivere a parole, ma che gli fece intendere che stava alla presenza di qualcuno. Questa nuova consapevolezza lo riempi di timore, il cuore cominciò a battergli forte per il turbamento perché non sapeva che cosa gli stesse accadendo …


 … Allora uscì un torrente …





E allora, Proprio lì, in quel preciso istante, da lui, dove stava, fermo e immobile, … “uscì un torrente, che divenne un fiume largo. E sommerse ogni cosa, la schiantò e la fece  arrivare fino al tempio. Dighe umane non furono capaci di arginarlo, né vi riuscirono le arti di coloro che sono soliti arginare le acque. Dunque si è riversato su tutta la faccia della terra. E ha riempito ogni cosa.” Dunque si riversò su tutta la faccia della terra e si riversò anche su di lui … e dentro di lui … e lo riempi, lo riempì fino all’orlo come fosse stato un vaso di terracotta, un recipiente completamente vuoto. Traboccò da lui ed egli bevve, così … “Hanno bevuto tutti gli assetati della terra; la sete è abolita, estinta, quando l’Altissimo dona la sua bevanda. Beati dunque i servi di questa bevanda, coloro che le sue acque hanno reso credenti.”  Qualcosa stava cambiando in quel preciso istante dentro di lui, anzi qualcosa era già cambiato.



Non riuscì più a pregare perché  il timore, la riverenza, il rispetto, la devozione si fecero largo dentro al suo cuore, fino all’adorazione. Il suo cuore, da tanto tempo inaridito improvvisamente fu gonfio …
 Esse hanno dato riposo a labbra inaridite, e hanno fatto risorgere la volontà paralizzata.”
 … riuscì allora, solo ad intuire, la presenza dentro, di un altro sé  stesso, che chiedeva acqua, ma non della normale acqua, domandava proprio quell’acqua che lo aveva appena riempito, quell’acqua che aveva appena bevuto e lo aveva ridestato, restituito alla vita, anzi, che lo aveva quasi rigenerato, generato ad una nuova vita. Questa nuova vita la poteva sentire ora dentro di sé, sgorgare dal suo seno, sgorgare dalla parte più profonda di sé stesso. Come se questo torrente avesse preso dimora dentro di lui e non smettesse di zampillare acqua, acqua viva. Così aveva sentito dentro di sé la sua anima che inaridita chiedeva acqua. Non si era mai reso conto prima d’ora che la sua anima era stata fino a quel momento un deserto, una terra arida, riarsa, bisognosa. E solo in quel momento si rese conto che ciò che aveva visto mentre era immerso nella preghiera era proprio la sua anima, era stata la condizione della sua anima che aveva visto, mai prima d’ora ci aveva fatto caso e mai aveva pensato che potesse esistere dentro di sé tutto quel deserto. Eppure la sua vita fino a quel momento non era stata poi così male, aveva provato la felicità, molte volte la gioia, tante volte era stato in pace, ma tutto questo era sempre stato mescolato ad altre passioni che lo avevano disturbato; la rabbia, l’ira, che molte volte  lo spegnevano. Per questo motivo la gioia durava un attimo, la felicità era qualcosa di effimero, la pace quando riusciva a sentirla dentro di sé non era mai qualcosa di permanente.


Ma ora, dopo quel torrente impetuoso che lo aveva travolto, sentiva nascere dentro di sé una gioia nuova, una sensazione nuova, una piccola,  giovane gioia nuova, proprio lì dentro, nel fondo di sé,  come un piccolo seme, anzi no, già come un piccolo germoglio. Sentiva che questa gioia si era radicata in lui, aveva messo delle piccole radici con cui si era aggrappata fortemente al terreno ancora poco fertile della sua anima. E ora che essa era stata inondata da quel torrente impetuoso già aveva messo un piccolo germoglio. Una piccola gioia nuova. Adesso era tutto diverso, infatti possedeva questa piccola gioia dentro di sé, anzi no … era la piccola gioia che si era impossessata di lui.
Anche nei giorni a seguire, si sentiva strano,  sembrava che vedesse ovunque intorno a sé qualcosa di nuovo, di inatteso. Poi … dal suo petto cominciò a sgorgare una parola nuova, una parola fino a quel momento forse mai udita e sicuramente mai prima  d’ora usata: “LODE”.

 Davvero il Signore ha pietà di Sion, ha pietà di tutte le sue rovine, rende il suo deserto come l'Eden, la sua steppa come il giardino del Signore. Giubilo e gioia saranno in essa, ringraziamenti e inni di lode! (Isaia 51,3)


Ovunque si trovasse, la sua mente continuamente gustava il ricordo di ciò che gli era accaduto che era entrato nella  quotidianità della sua vita. Lode,  lode … e la piccola gioia cresceva … lode …. Lode e cresceva . E poi … improvvisamente disse:  “lode a Te”. La prima volta che lo pronunciò si stupì di ciò che aveva detto, lode a Te … sì … lode a Te … proprio a Te … mentre continuava a sgorgare quel fiume che lo aveva travolto e che ora però  portava un messaggio da ripetere, da dire da proclamare: “lode a Te”. Gli sembrava di scoppiare dalla gioia mentre lo urlava dentro di sé. Una sensazione nuova la gioia della lode. Sentiva che Dio lo aveva guardato, aveva posato gli occhi su di lui, si era affacciato dal balcone del Cielo e per un momento lo aveva come contemplato, poi aveva aperto le cateratte del Suo amore e lo aveva inondato di tenerezza, di calore di dolcezza di gioia. E mentre il torrente continuava ad inondarlo e riempire ogni sua piccola cavità, scanalatura, solco, sentiva che questo amore che Dio aveva riversato su di lui lo avvolgeva completamente e che sulla terra non c’era mai stato nessuno che lo aveva mai amato in quel modo … e … finalmente venne a conoscenza che le sue preghiere sarebbero state ascoltate sempre, e che ora poteva parlargli e raccontare di sé e che anche Lui parlava … infatti poteva sentirlo.


 Si ascoltavano l’un l’altro, lui ascoltava il suo Dio, e il suo Dio ascoltava lui e riusciva a distinguere la Sua voce paterna. Quella voce che era sempre stata lì, in quel luogo, in quel Santuario che era il suo  corpo, dove Dio aveva scelto ora di prendere dimora. E così amabile era la voce di suo Padre, così confortante la sua continua presenza che, di riflesso, quasi come un bambino, cominciò a ad abbassare le sue difese, a lasciarsi andare, a fidarsi, ad abbandonarsi a Lui, al Suo amore, alle Sue effusioni che lo accompagnavano durante tutta la giornata e non lo lasciavano mai nemmeno quando dormiva. La mattina, durante la colazione, al lavoro, mentre passeggiava, mentre parlava con i colleghi, mentre stringeva i suoi figli, mentre abbracciava sua moglie, mentre dormiva, il conforto e l’amore di quel suo nuovo Padre che aveva appena scoperto, erano sempre lì, intorno a lui, sopra, sotto, dentro. 


 Era immerso in questo amore tanto che cominciava a comunicarlo anche agli altri. Molti attorno a lui si accorsero, altri no, molti altri non capivano; non capivano l’origine, la fonte di quella gioia. Ma l’amore di questo nuovo Padre era come se lo avesse fatto rinascere a una vita nuova, generato una seconda volta, e ora  lui era bambino, quasi aveva l’età dei suoi figli, stava imparando appena a guardarsi intorno, a stupirsi per ogni cosa, a fare qualche passettino e per nessun motivo al mondo aveva intenzione di lasciare il conforto, il sostegno, il  sollievo di quelle mani, così grandi e forti del suo nuovo Padre che lo accompagnavano ormai ovunque facendolo camminare.  Egli, vegliava su di lui, come una madre. Certe volte, quando si svegliava nel cuore della notte aveva la percezione di essere sempre sotto lo sguardo amorevole del suo nuovo Padre, che gli sembrava lo contemplasse amorevolmente come la sua creatura più bella, la più perfetta, la più amata. E nel dormiveglia si chiedeva come fosse possibile che quel suo nuovo Padre che tutto conosce e che tutto sa lo guardasse così. Pensò allora che tanto dovesse essere il Suo amore per lui, così tanto da non vedere i suoi difetti, le sue mancanze, le sue colpe, che questo amore copriva ogni distanza e colmava il  baratro che c’era tra questo suo Padre e lui.

“Ha fatto abbondare la sua conoscenza,  il Signore, gelosamente desideroso che fosse conosciuto tutto ciò che per sua grazia gli era stato donato. La sua gloria ci ha donato il suo Nome i nostri spiriti hanno glorificato il suo santo Spirito.”


C'era tra i farisei un uomo chiamato Nicodèmo, un capo dei Giudei. Egli andò da Gesù, di notte, e gli disse: «Rabbì, sappiamo che sei un maestro venuto da Dio; nessuno infatti può fare i segni che tu fai, se Dio non è con lui». Gli rispose Gesù: «In verità, in verità ti dico, se uno non rinasce dall'alto, non può vedere il regno di Dio».  Gli disse Nicodèmo: «Come può un uomo nascere quando è vecchio? Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere?».  Gli rispose Gesù: «In verità, in verità ti dico, se uno non nasce da acqua e da Spirito, non può entrare nel regno di Dio. Quel che è nato dalla carne è carne e quel che è nato dallo Spirito è Spirito. Non ti meravigliare se t'ho detto: dovete rinascere dall'alto. Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va: così è di chiunque è nato dallo Spirito».  Replicò Nicodèmo: «Come può accadere questo?».  Glirispose Gesù: «Tu sei maestro in Israele e non sai queste cose? In verità, in verità ti dico, noi parliamo di quel che sappiamo e testimoniamo quel che abbiamo veduto; ma voi non accogliete la nostra testimonianza.  Se vi ho parlato di cose della terra e non credete, come crederete se vi parlerò di cose del cielo? Eppure nessuno è mai salito al cielo, fuorché il Figlio dell'uomo che è disceso dal cielo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo,  perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna».
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna.  Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce e non viene alla luce perché non siano svelate le sue opere.  Ma chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio.
 Dopo queste cose, Gesù andò con i suoi discepoli nella regione della Giudea; e là si trattenne con loro, e battezzava
>>.

 (Giov 3,1)

 

Arrendetevi a me, dice il Signore, arrendetevi al mio Amore, alla mia Misericordia. Lo dice ogni volta che la porta del nostro cuore si apre a Lui lasciando entrare il Suo grande e immenso amore dentro di noi. Un amore che si può sentire anche fisicamente, un amore che si può gustare come un abbraccio. Lo Spirito del Signore non ha braccia ma abbraccia, non ha mani ma ti stringe a se, non ha corpo ma ti avvolge completamente e invade il tuo cuore, colma ogni vuoto, riempie ogni valle e spiana ogni montagna dentro di noi. Ma veramente, chi ha gustato questo, può dire di aver sperimentato la bontà del Signore, di aver vissuto e sentito dentro di sé la Sua onnipotenza, il Suo amore. Di aver provato la Sua carezza e di sentirsi ora racchiuso nel palmo della Sua mano, stretto, tenuto al sicuro. Così si sente rinato tra le braccia di un Padre, rinato come uscisse dall’acqua e creatura nuova segnato con il sigillo dello Spirito. Per rinascere in questo modo però occorre la nostra resa totale a Dio, alla Sua Sapienza. Occorre una resa totale della nostra vita a Lui, abbandonando ogni nostra volontà, intenzione, iniziativa rimettendoci sempre a Dio. Se non ci arrendiamo a Lui non potremo mai gustare questa rinascita, perché nel momento in cui noi demoliamo e inteneriamo le mura del nostro cuore con la preghiera, allora il torrente dell’amore di Dio si può riversare dentro di noi con tutta la Sua forza, con tutta la Sua irruenza, con tutta la sua delicatezza travolgendoci e facendoci gustare veramente la dolcezza di cui parla la Scrittura quando dice: “Gustate e vedete quanto è buono il Signore” (Salmo 33). Dipende infatti dalla nostra resa il Regno dei Cieli qui sulla terra. Se ci arrendiamo a Lui già ne potremo gustare le dolcezze, già da qui, da questo mondo. Arrendiamoci a Lui e deponiamo tutte le nostre armi con cui ci combattiamo, tutti i nostri pesi che portiamo, tutti  i nostri affanni, deponiamo ai suoi piedi tutto e con totale fiducia in Lui lasciamoci guidare, con totale resa a Lui lasciamoci trasportare dal Suo amore, con totale consapevolezza di essere nel palmo delle Sue mani lasciamoci proteggere e difendere da Lui. Facciamo in modo che nelle nostre preghiere si invochi il Suo nome, si benedica il Suo nome come nella scrittura: “Benedirò il Signore in ogni tempo, sulla sua bocca sempre la Sua lode”, si magnifichi e si esalti il Suo nome perché “questo povero grida e il Signore lo ascolta, lo salva da tutte le sue angosce”. Se Gesù è veramente il Signore della nostra vita allora lasciamo che prenda tutte le aree della nostra vita: lasciamo che egli si prenda tutto il nostro passato e lo guarisca, guarisca la nostra memoria  le ferite provocate dai nostri genitori, i peccati delle generazioni passate, consegniamo a Lui tutto il nostro passato. Il nostro presente doniamolo a Lui chiedendo per ogni cosa, in preghiera, la via, che ci indichi la via, che ci guidi sui suoi passi, che ci prenda per mano. Prima di ogni decisione importante chiediamo a Lui di assisterci, chiediamo a Lui di occuparsene “Signore pensaci tu ..” di intervenire con forza e con potenza nella nostra vita presente e consegniamogli il nostro futuro che solo Lui conosce, consegniamogli il Suo progetto su di noi, rendiamoci disponibili ed aperti completamente a Lui. Se noi facciamo questo, Egli da dentro, comincerà a cambiarci. Se noi facciamo questo, arrendendoci a Lui, comincerà dentro di noi a muoversi lo Spirito di Dio, a muoversi quel fiume che ci ha invaso così potentemente e che ora andrà a modellarci in silenzio, come fosse un fiume che dopo una piena prende possesso di altre terre e comincia a scavarsi un nuovo percorso. E’ il percorso di Dio dentro di noi che si fa largo, che fortemente ci conduce ad essere ciò che sempre Dio ha programmato per noi, è il percorso che ci condurrà alla pienezza di noi stessi in Dio e alla pienezza di Dio in noi stessi. 
 

Ma dobbiamo lasciare andare, lasciare andare quella stampella a cui siamo attaccati mentre gli tendiamo la mano. Certo, la  nostra fiducia in Lui può essere grande in noi, tanto  grande da indurci a staccare una mano dalla nostra gruccia, a staccare una mano dalle nostre abitudini e sicurezze, dal nostro modo di vivere, di amare, di aprirci agli altri, di cambiare la nostra mentalità, di aprirci a credere e ad amare, a vivere il Vangelo ma una mano resta comunque fortemente attaccata  all’altra  stampella, fissata a terra. Ed è quella mano che vuole il Signore da noi. Perché se noi stacchiamo anche l’altra mano tendendogli tutte e due le braccia solo allora gli dimostreremo piena fiducia, dichiareremo di affidarci a Lui totalmente, tutto di noi stessi a Lui, la nostra vita, la nostra anima, il nostro spirito, il nostro corpo nell’abbraccio del Suo amore. La totale resa a Lui e al Suo amore presuppone il nostro distaccamento dal mondo, da noi stessi, dalle cose umane, caduche ma comunque nostra sicurezza;
transitorie, ma comunque nostro appoggio; momentanee ma indubbiamente molto più sicure, secondo la nostra umanità, che non riesce a vedere l’Eterno. Il Signore vuole da noi quel pezzo del nostro cuore che abbiamo riservato a noi stessi.