“La Sapienza che viene dall’alto invece è anzitutto pura; poi pacifica,
mite, arrendevole, piena di misericordia e di buoni frutti, senza parzialità,
senza ipocrisia.” Giac3,17
Una notte, quasi verso la mattina, si immerse nella preghiera, in quella preghiera del cuore che innalza naturalmente una lode spontanea a Dio. Non pregava ripetendo le preghiere che comunemente recitiamo ma forse, a motivo della quiete notturna e del silenzio, gli veniva più facile parlare spontaneamente con Dio dal suo cuore. Quando, all’improvviso, vide davanti a sé una terra, … uno scenario desolato, inospitale, disabitato, desertico. A volo radente la percorse tutta, fino all’orizzonte. Una terra riarsa, inaridita, asciutta, segnata da grosse crepe, frutto di una forte siccità. Quando giunse alla fine del percorso, sentì, fuori e dentro sé, un profondo silenzio. Tutto era silenzio. E nel silenzio egli si ammutolì, sentendo intorno a sé una presenza, forte e quasi schiacciante, una sensazione difficile da descrivere a parole, ma che gli fece intendere che stava alla presenza di qualcuno. Questa nuova consapevolezza lo riempi di timore, il cuore cominciò a battergli forte per il turbamento perché non sapeva che cosa gli stesse accadendo …
… Allora uscì un torrente …
E allora, Proprio lì, in quel preciso istante, da lui, dove stava, fermo e immobile, … “uscì un torrente, che divenne un fiume largo. E sommerse ogni cosa, la
schiantò e la fece arrivare fino al tempio. Dighe umane non furono capaci di arginarlo, né vi
riuscirono le arti di coloro che sono soliti arginare le acque. Dunque si è
riversato su tutta la faccia della terra. E ha riempito ogni cosa.” Dunque si riversò su
tutta la faccia della terra e si riversò anche su di lui … e dentro di lui … e lo
riempi, lo riempì fino all’orlo come fosse stato un vaso di terracotta, un
recipiente completamente vuoto. Traboccò da lui ed egli bevve, così … “Hanno bevuto tutti gli assetati della terra;
la sete è abolita, estinta, quando l’Altissimo dona la sua bevanda. Beati
dunque i servi di questa bevanda, coloro che le sue acque hanno reso credenti.” Qualcosa
stava cambiando in quel preciso istante dentro di lui, anzi qualcosa era già
cambiato.
Non riuscì più a pregare
perché il timore, la riverenza, il
rispetto, la devozione si fecero largo dentro al suo cuore, fino
all’adorazione. Il suo cuore, da tanto tempo inaridito improvvisamente fu
gonfio …
… riuscì
allora, solo ad intuire, la presenza dentro, di un altro sé stesso, che chiedeva acqua, ma non della
normale acqua, domandava proprio quell’acqua che lo aveva appena riempito,
quell’acqua che aveva appena bevuto e lo aveva ridestato, restituito alla vita,
anzi, che lo aveva quasi rigenerato, generato ad una nuova vita. Questa nuova
vita la poteva sentire ora dentro di sé, sgorgare dal suo seno, sgorgare dalla
parte più profonda di sé stesso. Come se questo torrente avesse preso dimora
dentro di lui e non smettesse di zampillare acqua, acqua viva. Così aveva
sentito dentro di sé la sua anima che inaridita chiedeva acqua. Non si era mai
reso conto prima d’ora che la sua anima era stata fino a quel momento un
deserto, una terra arida, riarsa, bisognosa. E solo in quel momento si rese
conto che ciò che aveva visto mentre era immerso
nella preghiera era proprio la sua anima, era stata la condizione della sua
anima che aveva visto, mai prima d’ora ci aveva fatto caso e mai aveva pensato
che potesse esistere dentro di sé tutto quel deserto. Eppure la sua vita fino a
quel momento non era stata poi così male, aveva provato la felicità, molte
volte la gioia, tante volte era stato in pace, ma tutto questo era sempre stato
mescolato ad altre passioni che lo avevano disturbato; la rabbia, l’ira, che molte
volte lo spegnevano. Per questo motivo la
gioia durava un attimo, la felicità era qualcosa di effimero, la pace quando
riusciva a sentirla dentro di sé non era mai qualcosa di permanente.
Ma
ora, dopo quel torrente impetuoso che lo aveva travolto, sentiva nascere dentro
di sé una gioia nuova, una sensazione nuova, una piccola, giovane gioia nuova, proprio lì
dentro, nel fondo di sé, come un piccolo
seme, anzi no, già come un piccolo germoglio. Sentiva che questa gioia si era
radicata in lui, aveva messo delle piccole radici con cui si era aggrappata
fortemente al terreno ancora poco fertile della sua anima. E ora che essa era
stata inondata da quel torrente impetuoso già aveva messo un piccolo germoglio.
Una piccola gioia nuova. Adesso era tutto diverso, infatti possedeva questa
piccola gioia dentro di sé, anzi no … era la piccola gioia che si era
impossessata di lui.
Anche nei giorni a
seguire, si sentiva strano, sembrava che
vedesse ovunque intorno a sé qualcosa di nuovo, di inatteso. Poi … dal suo
petto cominciò a sgorgare una parola nuova, una parola fino a quel momento
forse mai udita e sicuramente mai prima d’ora
usata: “LODE”.
Davvero il Signore ha pietà di Sion, ha pietà di tutte le sue rovine, rende
il suo deserto come l'Eden, la sua steppa come il giardino del Signore. Giubilo
e gioia saranno in essa, ringraziamenti e inni di lode! (Isaia 51,3)
Ovunque
si trovasse, la sua mente continuamente gustava il ricordo di ciò che gli era
accaduto che era entrato nella quotidianità della sua vita. Lode, lode … e la piccola gioia cresceva … lode ….
Lode e cresceva . E poi … improvvisamente disse: “lode a Te”. La prima volta che lo pronunciò
si stupì di ciò che aveva detto, lode a Te … sì … lode a Te … proprio a Te …
mentre continuava a sgorgare quel fiume che lo aveva travolto e che ora però portava
un messaggio da ripetere, da dire da proclamare: “lode a Te”. Gli sembrava di
scoppiare dalla gioia mentre lo urlava dentro di sé. Una sensazione nuova la
gioia della lode. Sentiva che Dio lo aveva guardato, aveva posato gli occhi su
di lui, si era affacciato dal balcone del Cielo e per un momento lo aveva come
contemplato, poi aveva aperto le cateratte del Suo amore e lo aveva inondato di
tenerezza, di calore di dolcezza di gioia. E mentre il torrente continuava ad
inondarlo e riempire ogni sua piccola cavità, scanalatura, solco, sentiva che
questo amore che Dio aveva riversato su di lui lo avvolgeva
completamente e che sulla terra non c’era mai stato nessuno che lo aveva mai amato
in quel modo … e … finalmente venne a conoscenza che le sue preghiere sarebbero
state ascoltate sempre, e che ora poteva parlargli e raccontare di sé e che
anche Lui parlava … infatti poteva sentirlo.
Si
ascoltavano l’un l’altro, lui ascoltava il suo Dio, e il suo Dio ascoltava lui e
riusciva a distinguere la Sua voce paterna. Quella voce che era sempre stata
lì, in quel luogo, in quel Santuario che era il suo corpo,
dove Dio aveva scelto ora di prendere dimora. E così amabile era la voce di suo
Padre, così confortante la sua continua presenza che, di riflesso, quasi come
un bambino, cominciò a ad abbassare le sue difese, a lasciarsi andare, a
fidarsi, ad abbandonarsi a Lui, al Suo amore, alle Sue effusioni che lo accompagnavano
durante tutta la giornata e non lo lasciavano mai nemmeno quando dormiva. La
mattina, durante la colazione, al lavoro, mentre passeggiava, mentre parlava
con i colleghi, mentre stringeva i suoi figli, mentre abbracciava sua moglie, mentre
dormiva, il conforto e l’amore di quel suo nuovo Padre che aveva appena
scoperto, erano sempre lì, intorno a lui, sopra, sotto, dentro.
Era
immerso in questo amore tanto che cominciava a comunicarlo anche agli altri.
Molti attorno a lui si accorsero, altri no, molti altri non capivano; non
capivano l’origine, la fonte di quella gioia. Ma l’amore di questo nuovo Padre
era come se lo avesse fatto rinascere a una vita nuova, generato una seconda
volta, e ora lui era bambino, quasi aveva
l’età dei suoi figli, stava imparando appena a guardarsi intorno, a stupirsi
per ogni cosa, a fare qualche passettino e per nessun motivo al mondo aveva
intenzione di lasciare il conforto, il sostegno, il sollievo di quelle mani, così grandi e forti del
suo nuovo Padre che lo accompagnavano ormai ovunque facendolo camminare. Egli, vegliava su di lui, come una madre.
Certe volte, quando si svegliava nel cuore della notte aveva la percezione di
essere sempre sotto lo sguardo amorevole del suo nuovo Padre, che gli sembrava
lo contemplasse amorevolmente come la sua creatura più bella, la più perfetta,
la più amata. E nel dormiveglia si chiedeva come fosse possibile che quel suo
nuovo Padre che tutto conosce e che tutto sa lo guardasse così. Pensò allora
che tanto dovesse essere il Suo amore per lui, così tanto da non vedere i suoi
difetti, le sue mancanze, le sue colpe, che questo amore copriva ogni distanza
e colmava il baratro che c’era tra
questo suo Padre e lui.
“Ha fatto abbondare la sua
conoscenza, il Signore, gelosamente desideroso che fosse conosciuto tutto
ciò che per sua grazia gli era stato donato. La sua gloria ci ha donato il suo
Nome i nostri spiriti hanno glorificato il suo santo Spirito.”
C'era tra i farisei un uomo chiamato Nicodèmo, un capo dei Giudei. Egli andò da Gesù, di notte, e gli
disse: «Rabbì, sappiamo che sei un maestro venuto da Dio; nessuno infatti può
fare i segni che tu fai, se Dio non è con lui». Gli rispose Gesù: «In verità, in verità ti dico, se uno non rinasce dall'alto, non può
vedere il regno di Dio». Gli
disse Nicodèmo: «Come può un uomo
nascere quando è vecchio? Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere?». Gli rispose Gesù: «In verità, in verità ti dico, se uno non
nasce da acqua e da Spirito, non può entrare nel regno di Dio. Quel che è nato dalla carne è
carne e quel che è nato dallo Spirito è Spirito. Non ti meravigliare se t'ho detto:
dovete rinascere dall'alto. Il
vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va:
così è di chiunque è nato dallo Spirito». Replicò
Nicodèmo: «Come può accadere questo?». Glirispose Gesù: «Tu sei maestro in Israele e non sai queste cose? In verità, in verità ti
dico, noi parliamo di quel che sappiamo e testimoniamo quel che abbiamo veduto;
ma voi non accogliete la nostra testimonianza. Se vi ho parlato di cose della terra
e non credete, come crederete se vi parlerò di cose del cielo? Eppure nessuno è mai salito al cielo,
fuorché il Figlio dell'uomo che è disceso dal cielo. E come Mosè innalzò il serpente nel
deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna».
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il
suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita
eterna. Dio non ha mandato
il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per
mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già
stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è
venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le
loro opere erano malvagie. Chiunque
infatti fa il male, odia la luce e non viene alla luce perché non siano svelate
le sue opere. Ma chi opera
la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state
fatte in Dio.
Dopo queste cose, Gesù andò con i suoi discepoli nella regione della Giudea; e là si trattenne con loro, e battezzava>>.
Dopo queste cose, Gesù andò con i suoi discepoli nella regione della Giudea; e là si trattenne con loro, e battezzava>>.
(Giov 3,1)
Arrendetevi a me, dice il Signore,
arrendetevi al mio Amore, alla mia Misericordia. Lo dice ogni volta che la
porta del nostro cuore si apre a Lui lasciando entrare il Suo grande e immenso
amore dentro di noi. Un amore che si può sentire anche fisicamente, un amore
che si può gustare come un abbraccio. Lo Spirito del Signore non ha braccia ma
abbraccia, non ha mani ma ti stringe a se, non ha corpo ma ti avvolge
completamente e invade il tuo cuore, colma ogni vuoto, riempie ogni valle e spiana
ogni montagna dentro di noi. Ma veramente, chi ha gustato questo, può dire di
aver sperimentato la bontà del Signore, di aver vissuto e sentito dentro di sé
la Sua onnipotenza, il Suo amore. Di aver provato la Sua carezza e di sentirsi ora
racchiuso nel palmo della Sua mano, stretto, tenuto al sicuro. Così si sente rinato
tra le braccia di un Padre, rinato come uscisse dall’acqua e creatura nuova
segnato con il sigillo dello Spirito. Per rinascere in questo modo però occorre
la nostra resa totale a Dio, alla
Sua Sapienza. Occorre una resa totale della nostra vita a Lui, abbandonando
ogni nostra volontà, intenzione, iniziativa rimettendoci sempre a Dio. Se non
ci arrendiamo a Lui non potremo mai gustare questa rinascita, perché nel
momento in cui noi demoliamo e inteneriamo le mura del nostro cuore con la
preghiera, allora il torrente dell’amore di Dio si può riversare dentro di noi
con tutta la Sua forza, con tutta la Sua irruenza, con tutta la sua delicatezza
travolgendoci e facendoci gustare veramente la dolcezza di cui parla la Scrittura
quando dice: “Gustate e vedete quanto è
buono il Signore” (Salmo 33). Dipende infatti dalla nostra resa il Regno
dei Cieli qui sulla terra. Se ci arrendiamo a Lui già ne potremo gustare le
dolcezze, già da qui, da questo mondo. Arrendiamoci a Lui e deponiamo tutte le
nostre armi con cui ci combattiamo, tutti i nostri pesi che portiamo, tutti i nostri affanni, deponiamo ai suoi piedi
tutto e con totale fiducia in Lui lasciamoci guidare, con totale resa a Lui
lasciamoci trasportare dal Suo amore,
con totale consapevolezza di essere nel palmo delle Sue mani lasciamoci
proteggere e difendere da Lui. Facciamo in modo che nelle nostre preghiere si
invochi il Suo nome, si benedica il Suo nome come nella scrittura: “Benedirò il Signore in ogni tempo, sulla
sua bocca sempre la Sua lode”, si magnifichi e si esalti il Suo nome perché
“questo povero grida e il Signore lo
ascolta, lo salva da tutte le sue angosce”. Se Gesù è veramente il Signore
della nostra vita allora lasciamo che prenda tutte le aree della nostra vita:
lasciamo che egli si prenda tutto il nostro passato e lo guarisca, guarisca la
nostra memoria le ferite provocate dai
nostri genitori, i peccati delle generazioni passate, consegniamo a Lui tutto
il nostro passato. Il nostro presente doniamolo a Lui chiedendo per ogni cosa,
in preghiera, la via, che ci indichi la via, che ci guidi sui suoi passi, che
ci prenda per mano. Prima di ogni decisione importante chiediamo a Lui di
assisterci, chiediamo a Lui di occuparsene “Signore pensaci tu ..” di
intervenire con forza e con potenza nella nostra vita presente e consegniamogli
il nostro futuro che solo Lui conosce, consegniamogli il Suo progetto su di
noi, rendiamoci disponibili ed aperti completamente a Lui. Se noi facciamo
questo, Egli da dentro, comincerà a cambiarci. Se noi facciamo questo,
arrendendoci a Lui, comincerà dentro di noi a muoversi lo Spirito di Dio, a
muoversi quel fiume che ci ha invaso così potentemente e che ora andrà a
modellarci in silenzio, come fosse un fiume che dopo una piena prende possesso
di altre terre e comincia a scavarsi un nuovo percorso. E’ il percorso di Dio
dentro di noi che si fa largo, che fortemente ci conduce ad essere ciò che
sempre Dio ha programmato per noi, è il percorso che ci condurrà alla pienezza
di noi stessi in Dio e alla pienezza di Dio in noi stessi.
Ma dobbiamo lasciare
andare,
lasciare andare quella stampella a cui siamo attaccati mentre gli tendiamo la
mano. Certo, la nostra fiducia in Lui
può essere grande in noi, tanto grande
da indurci a staccare una mano dalla nostra gruccia, a staccare una mano dalle
nostre abitudini e sicurezze, dal nostro modo di vivere, di amare, di aprirci
agli altri, di cambiare la nostra mentalità, di aprirci a credere e ad amare, a
vivere il Vangelo ma una mano resta comunque fortemente attaccata all’altra stampella, fissata a terra. Ed è quella mano
che vuole il Signore da noi. Perché se noi stacchiamo anche l’altra mano
tendendogli tutte e due le braccia solo allora gli dimostreremo piena fiducia, dichiareremo
di affidarci a Lui totalmente, tutto di noi stessi a Lui, la nostra vita, la
nostra anima, il nostro spirito, il nostro corpo nell’abbraccio del Suo amore.
La totale resa a Lui e al Suo amore presuppone il nostro distaccamento dal
mondo, da noi stessi, dalle cose umane, caduche ma comunque nostra sicurezza;
transitorie, ma comunque
nostro appoggio; momentanee ma indubbiamente molto più sicure, secondo la
nostra umanità, che non riesce a vedere l’Eterno. Il Signore vuole da noi quel
pezzo del nostro cuore che abbiamo riservato a noi stessi.